Omaggio a Tommaso Fiore

Tommaso Fiore – Lettera a Rosselli – 15 marzo 1926

Altamura, 15 marzo 1926

Caro Rosselli,

mi rallegro assai delle notizie che mi dà e dell’uscita della nuova rivista, alla quale, mi pare inutile dirlo, io porterò il più possibile di contributo.

D’accordo con lei su quello che bisogna pensare del vecchio socialismo e dei vecchi uomini, ma giovani che possono esprimere il nuovo indirizzo ce ne sono, appunto tra quelli che hanno aderito. Qualcheduno ce n’è ancora fuori, ma immagino che lei li conosca.

Mi rendo pienamente conto delle necessità di trovare qualcuno che studi a fondo, continuativamente i problemi della terra, che s’impegni seriamente a farlo, organicamente e a fondo. D’altra parte è un lavoro che richiede tempo e spesa; bisogna uscire qualche volta, vedere uomini, assistere a convegni e congressi, i quali, per quanto oggi di scarsa importanza, nascondono sempre e rivelano tutto quello che non entra negli ordini del giorno.

Questa necessità è tanto maggiore oggi che manchiamo di stampa, cioè di notizie, di controllo e di discussione. Il compito è quindi molto più gravoso che non possa sembrare a prima vista. Ed io le confesserò che non credo di avere maggiore preparazione di tutti gli altri amici; me ne sono occupato un po’, a spizzico, ma poi, dopo le Lettere meridionali o piuttosto pugliesi dello scorso anno, preoccupazioni impellenti. bisogni di prima necessità me ne hanno di nuovo allontanato. Avevo anzi promesso a un editore di raccogliere quelle lettere, completandole, ma non ne ho fatto nulla di nulla. Né prima di un paio di mesi potrò disimpegnarmi da piccoli obblighi editoriali che ho qua e là e che pure mi assorbiscono. ·

Veda dunque lei cosa potrei fare. Darei indietro volentieri un pò di lavoro che ho per le mani e che mi aiuta a tirare innanzi, qualora il periodico fosse in grado di assicurarmi qualcosa, ma sempre s’intende, fra due o tre mesi. Dopo potremmo fare uscire un articolo ogni quindici giorni, di due o tre colonne, come lei dice, e sarebbe sufficiente, io credo. Collaboratori agrari purtroppo temo che non ce ne siano; buoni tecnici agrari sì, ma è un’altra cosa. Le darò via via in avvenire collaboratori politici e sindacalisti, per quanto lei non ne abbia bisogno. Mi faccia inviare qualche copia in più del giornale, da far vendere e da collocare a Bari.

Né stia a mandare il Franchetti: mi dispiace assai ma per ora non posso proprio nemmeno sfogliarlo.

Rinnovando i più vivi auguri per la fortuna del Settimanale, mi abbia, in attesa di leggerla, suo aff.mo

Tommaso Fiore

Tommaso Fiore – Lettera a Rosselli – 6 settembre 1926

Altamura, 6-9-1926

 

Caro Rosselli,

scusami il ritardo nell’invio dell’articolo; se tu nel frattempo hai pensato a sposare, e permettimi gli auguri di rito, io a Gallipoli stessa mi son ributtato al lavoro, per completare quelle mie « Lettere Pugliesi », che già mandavo a Gobetti. Tu non le volesti per il tuo giornale, riputandole troppo difficili; viceversa ci hai rovesciato addosso tutta la filosofia contemporanea! Ti dirò sotto voce, ma tu non lo dire a Treves, che ci soffrirebbe, che ne ho mandato una nientemeno che a Gangate, che da un pezzo insisteva per averne, ma non la vedo ancora a stampa, e, se verrà fuori, Dio sa che tagli da parte di lui. Ahimè, nemmeno io sono per Calvino. Comunque, se dovessi mandarne qualcuna al tuo giornale, e ormai sto per finire, la pubblicheresti?

Mi dispiace assai del sequestro del giornale, per colpa mia, ma tu e Nenni siete arbitri di ciò che scriviamo. Del resto, il professore-ministro-emissario dei vostri industriali meritava peggio. Apprendo da amici che terrete prossimamente il convegno per la fusione, ed auguro a te e a Nenni ogni fortuna. Spero che, come primo atto del partito, affermiate la vostra decisa volontà di affrontare il problema meridionale, in tutti i suo aspetti, soprattutto in quello fiscale e protezionistico, anche per vincere nell’opinione pubblica il bluff fascista dei lavori pubblici; volontà tanto più eroica, quanto più questa è la seria difficoltà della nostra vita. Tu comprendi che, dopo la dolorosa esperienza di Gaetano, noi non vogliamo bruciarci le zampe alla stessa pentola, che siamo disposti a qualsiasi estremo, pur di riuscire.

Voi non uscirete mai dalla crisi di abbandono in cui siete caduti, se non agiterete problemi concreti. Sinché parlerete di socialismo in generale, tutti, fra 10 o 20 anni, torneranno ad essere d’accordo; proprio come 20 anni fa, quando De Bellis, il compare di Giolitti, diceva alla Camera: E chi di noi non è socialista? Ma è la volontà specifica e determinata di battere in breccia il mostruoso privilegio contro le nostre plebi che sarà la misura del nostro socialismo. Ecco perché io non ho creduto di insistere sui motivi di dissenso con Dorso.

Aspetto di leggere le considerazioni del Dilettante (chi è?) sullo Zaccarini; aspetto soprattutto che si cominci a precisare che cosa saranno questi accordi coi repubblicani, e insomma fino a qual punto il socialismo vuole distruggere lo Stato presente.

Scrivimi, e lascia stare una buona volta il lei. Cordialmente tuo

 

Tommaso Fiore

 

  1. S. Dimenticavo di pregarti: l. vedi di trovarmi qualche copia dei numeri 7 e 17, nonché qualcuna in più del prossimo numero con l’articolo su Dorso; 2. vorrei che tu continuassi a spedire il giornale a Teofilato, a Francavilla Fontana; è un maestro dimissionario, non dimissionato, per antifascismo, e non ha mezzi per vivere, molto meno per pagare l’abbonamento: 3. trovami uno studio, anche in inglese, sulle riforme agrarie negli stati europei, Rumenia, Finlandia, Ceco-Slovacchia, regno Serbo-Croato-Sloveno ecc. e grazie per ora. Trova il tempo di rispondermi subito.

Lettera di Rosselli a Tommaso Fiore – 23 settembre 1926

Milano, 23-9-1926

 

Caro Fiore,

non ho trovato il tempo per risponderti subito e me ne dispiAce. Ho pubblicato il tuo lucidissimo articolo che in buona parte approvo. Già ti scrissi altra volta che non condivido però il tuo giudizio entusiastico per il libro di Dorso, per quanto gli riconosca una indubbia originalità e freschezza di motivo. Cerchiamo ora di sortire dal generico e vediamo intanto di concretare un breve paragrafo sulla questione meridionale da inserirsi nella dichiarazione programmatica del partito. Turati e Treves proprio in questi giorni hanno

buttato giù un polpettone di una cinquantina di pagine, un gran misto di cose buone e cattive una insalata di finalismo più o meno apocalittico e di contingentismo … pateracchiaio. Lo stiamo ora ripulendo in molti e soprattutto alleggerendo della parte relativa alla impostazione della lotta antifascista che concentreremo in una breve chiarissima mozione.

Nella dichiarazione programmatica manca ogni accenno alla questione meridionale, per quanto numerosi siano gli accenni indiretti. Vediamo di mettere assieme il paragrafo. O prima del Congresso o durante il medesimo io m’impegno a presentare l’emendamento, a mio parere indispensabile.

Scorrendo la dichiarazione, mi accorgo che forse il posto migliore per inserire la nostra aggiunta è a pag. 14, prima dell’ultimo capoverso. Vedi se ti riesce di buttar già una mezza colonna o una colonna, molto sintetica, che ponga nella sua vera luce il problema meridionale accennando soprattutto all’azione che deve proporsi di esercitare il partito. Ti mando (in via riservata e con preghiera di pronta restituzione) le quattro pagine di bozze nelle quali si parla anche della questione agraria. Non tutto è detto bene e non poche sono le lacune. Ma intanto lavoriamo sul canovaccio che ci è fornito. Col tempo, speriamolo, faremo meglio. Vedi di non esagerare. Accontentiamoci per questa volta di far loro riconoscere che esiste una questione meridionale e che il partito non può ignorarla o fonderla con la questione dei braccianti siciliani! Coi sistemi di Salvemini non si ottiene nulla; e tanto meno si ottiene qualcosa coi libri uso Dorso, che rimangono confinati nel limbo gobettiano.

Il tuo rimprovero quanto alle Lettere pugliesi è sacrosanto.

L’unica mia preoccupazione si riferisce alle dimensioni. Vedi di non superare possibilmente le tre colonne e di mettere qualche sottotitolo. E comincia col mandarmi subito qualcosa. Vuol dire che ci metteremo d’accordo per una piccola indennità. Ad anno nuovo spero di poter offrire condizioni migliori ai collaboratori più regolari.

Scrivi a Dorso per sollecitare la sua collaborazione. Se non sbaglio è basilisco. Potrebbe cominciare col mandarci un quadro di vita regionale sul tipo dell’articolo sintetico di Appulus Agricola.

La mia idea fissa è che tutta ques1a collaborazione slegata va per ¾ perduta. Bisognerebbe che voialtri, e cioè tu, Dorso, Lucarelli, Torraca, Ciasca ecc. vi metteste d’accordo per un lavoro organico. Ora poi che iniziamo il lavoro editoriale non sarebbe neppure difficile pubblicare opuscoli e libri e raccogliere articoli. Saresti disposto ad assumerti tu il peso di un lavoro di questo genere? O per lo meno preparare un programma di lavoro da sottoporsi agli amici?

Quanto alla situazione politica per ciò che si riferisce ai socialisti è presto detto: a) fusione impossibile; b) tentativo di rinnovamento in seno agli unitari, con svecchiamento della direzione e soprattutto impostazione su basi socialiste repubblicane della lotta antifascista; c) tentativo d’imporre ai nostri un programma concreto d’azione; d) accordo coi repubblicani, sardisti, e flazione massimalista facente capo a Nenni, ecc., (questo resti fra noi). Se non riusciamo ora, non c’è più nulla da sperare dai partiti socialisti. Io mi batterò in pieno e speriamo di andare al Convegno con la sezione di Milano. Non sono pessimista, ma vedo chiaramente che se non riusciamo a mettere un po’ da parte i nostri vecchi, non potremo far nulla. Il tragico sta in ciò: che stante l’esistenza dei vecchi partiti e di giornali e soprattutto, dato il conservatorismo delle masse, non è possibile fare nulla né contro nè senza di loro.

Basta, speriamo bene. Scusami il bottone e perdonami la solita fretta.

Carlo Rosselli

 

P. S. Mandaci al più presto il brano merid. (ionalista). Mi raccomando. Se no non facciamo a tempo ad inserirlo. Sta bene per il giornale a Teofilato.

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